Sostiene Pereira

sostiene pereira

Ci sono classici della letteratura che sarebbe un peccato non leggere.

Se non vi sarà possibile leggerli tutti, fate uno sforzo almeno per questo: ne varrà la pena.

Ci troviamo in Portogallo, precisamente a Lisbona. Corre l’anno 1938, siamo dunque alla vigilia della seconda guerra mondiale. In tutta Europa i socialisti-repubblicani tentano di fermare il nazionalismo, in Spagna c’è la guerra civile.
Pereira gestisce la pagina culturale di un noto quotidiano. Ha alle spalle una carriera come giornalista di cronaca, ma nonostante la professione, è estraneo alle vicende del mondo, disinteressato alla politica, vive in una realtà minima, limitata. È rimasto vedovo e si rivolge spesso al ritratto della moglie per chiederle consigli. È cattolico, ma non crede alla resurrezione della carne. Il suo piccolo mondo viene stravolto quando conosce Monteiro Rossi, assunto da Pereira come praticante, addetto ai necrologi di artisti non ancora defunti.

Monteiro Rossi è un socialista, difensore della Repubblica di Spagna e contro il governo portoghese. Pereira invece lo crede un letterato, interessato alla dimensione della morte. Egli invece chiarisce subito che è la vita ad interessarlo. Nonostante la totale mancanza di preparazione richiesta e il palese disinteresse per il giornale, Pereira è affascinato da questo ragazzo, dal modo che ha di fare e di essere, gli viene naturale trattarlo come un figlio, anche se disapprova quasi tutto quello che fa. O almeno è così all’inizio, quando ancora Pereira è il vecchio se stesso, quando ancora la politica lo interessa solo come chiacchiera da bar, quando ancora è nell’ombra, mentalmente distante da ciò che lo circonda, ingenuo e mite.

Nel corso della storia, il rapporto che Pereira instaura con Monteiro Rossi e la di lui fidanzata Marta, lo cambia nel profondo, lo sconvolge, lo eleva o lo sveglia dal torpore di una vita che diventa improvvisamente importante, piena, tangibile e sacra, come non lo era forse mai stata. Pereira si indigna. E Tabucchi ci fa riscoprire quanto sia importante l’indignazione e la partecipazione, che alla fine aveva ragione Gaber, è l’unica cosa che ci rende davvero liberi.

Qui riporto l’estratto sulla questione dell’anima che Pereira affronta con il dottor Cardoso, uomo di buon cuore che diviene per il nostro amato protagonista un punto di riferimento, un confidente, un piccolo, efficace lume.

Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere “uno” che fa parte di un sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un’illusione, peraltro ingenua, di un’unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone. Il dottor Cardoso fece una piccola pausa e poi continuò: quella che viene chiamata la norma, o il nostro essere, o la normalità, è solo un risultato, non una premessa, e dipende dal controllo di un io egemone che si è imposto nella confederazione delle nostre anime; nel caso che sorga un altro io, più forte e più potente, codesto io spodesta l’io egemone e ne prende il posto, passando a dirigere la coorte delle anime, meglio la confederazione, e la preminenza si mantiene fino a quando non viene spodestato a sua volta da un altro io egemone, per un attacco diretto o per una paziente erosione.

Per una paziente erosione.

L’immagine appartiene alla graphic novel del romanzo: un fumetto con i testi di Marino Magliani e le tavole di Marco D’Aponte.

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